Fu davvero Cristoforo Colombo, nel 1492 (come ci insegnano a scuola) a scoprire l’America? La risposta (scomoda) è no.
Svetta fiera di fronte all’Hallgrímskirkja la statua di un uomo. “Sarà un vichingo”, borbottarono una volta due italiani passando accanto a questa statua di 50 tonnellate di granito e bronzo e proseguendo il giro a piedi imboccando Skólavörðustígur, completamente ignari della meravigliosa storia di quest’uomo. Eppure di statue non ce ne sono molte in Islanda e poi la sua storia riguarda quella dell’umanità intera, non solo quella islandese.
Ha lo sguardo fiero e sicuro, una gamba sulla punta del piedistallo in granito a forma di imbarcazione, come se stesse verificando la rotta di navigazione o più metaforicamente fosse finalmente arrivato in cima e si stesse godendo lo spettacolo del panorama. La conquista. Il mantello al vento e la chiesa alle spalle, sospeso fra l’infinito del cielo e quel mondo da esplorare, che divide e unisce mondi, che è l’Atlantico.
Leifur Eiríksson, colui che scoprì l’America 500 anni prima di Colombo
La statua è dedicata proprio a lui, uno dei più grandi esploratori di tutti i tempi e fu donata nel 1930, in occasione del millesimo compleanno dell’Althingi, dal governo statunitense come riconoscimento di un fatto storico di cui noi italiani siamo totalmente all’oscuro. Ci insegnano le gesta eroiche di Cristoforo Colombo, il nostro “connazionale”, al quale si deve la scoperta del Nuovo Mondo. Ma 500 anni prima furono i norreni (volgarmente chiamati vichinghi) a scoprirlo. E non c’è tesi che metta in discussione questo fatto storico!
La storia
Le fonti sulle quali si basano i fatti storici riguardanti la scoperta dell’America da parte dei “vichinghi” sono due: la Saga di Erik il Rosso (Eiríks saga rauða) e la Saga dei Groenlandesi (Grœnlendinga saga). In queste saghe si racconta che i norreni iniziarono ad esplorare le terre ad ovest della Groenlandia solo pochi anni dopo la creazione di insediamenti in quella che chiamarono “Terra Verde”. Siamo nel 985 quando un mercante di nome Bjarni Herjólfsson decide di intraprendere un viaggio che non aveva mai fatto prima: affrontare il mare di Groenlandia, per raggiungere il padre, che si era trasferito dall’Islanda. Un viaggio non semplice, che si rivelerà un inferno: dopo poche ore di navigazione fu mandato fuori rotta da improvvisi venti da nord e da immensi banchi di nebbia che rendevano la vista impossibile e, poiché nessuno degli uomini del suo equipaggio era mai stato in Groenlandia prima di allora, essi dovettero tentare la rotta giusta, compiendo diversi errori. Quando infine tornò il sole, la sorprendente sorpresa: in lontananza dominava l’orizzonte una terra collinare e piuttosto boscosa che non poteva essere la Groenlandia! Dopo due giorni di navigazione, un altro orizzonte ignoto: una costa piatta, priva totalmente di alcun ghiacciaio in vista. Dopo 4 giorni, sfruttando il forte vento, finalmente approdarono in Groenlandia. Ma che ne era di quelle terre sconosciute avvistate?
Al ritorno dall’infernale viaggio, Bjarni raccontò a Leifur, figlio di Erik il Rosso, di quegli avvistamenti, il quale li prese talmente sul serio che decise che la sua missione della vita era esplorare quegli orizzonti sconosciuti: esplorare il Nuovo Mondo.
Dopo qualche anno, intorno all’anno 1.000, ben 5 secoli prima di Cristoforo Colombo, il vichingo Leifur Eiríksson, utilizzando proprio le rotte, i riferimenti topografici, le correnti oceaniche, rocce e venti raccolti da Bjarni – ma anche la stessa imbarcazione, che nel frattempo Leifur gli aveva acquistato – salpò da Brattahlíð (l’insediamento in Groenlandia fondato dal padre Erik) e navigò con un equipaggio di 35 uomini al seguito per circa 3.000 chilometri, alla scoperta del Nuovo Mondo. Giunsero in una terra dall’aspetto invitante e così decisero di trascorrere qui l’inverno, probabilmente sulla costa settentrionale dell’isola di Terranova.
Vinland: la terra del vino o dei pascoli?
Leifur chiamò questa nuova terra Vinland. Ci sono varie interpretazioni circa il “vin” che compone la parola: secondo alcuni linguisti si tratterebbe di un riferimento al vino, quindi alla presenza di uva e sarebbe da attribuire a questo il significato di Terra del Vino. Secondo alcune interpretazioni linguistico-storiche è probabile che i norreni non ebbero a che fare con piantagioni d’uva, ma con altri frutti e bacche che, non essendo avvezzi a queste varietà, scambiarono per uva (il territorio appena scoperto pullulava di viburnum edule, ribes e ossicocchi, tutti frutti effettivamente simili all’uva selvatica).
Secondo un altro filone interpretativo, l’uva non c’entrava nulla. In antico norreno “vin” significa vino, ma anche pascolo, prateria o piana (come dimostrano alcuni toponimi) e quindi più che Terra del Vino, la traduzione corretta potrebbe essere la Terra dei Pascoli, la Terra delle Praterie.
I resti dell’insediamento norreno di L’Anse Aux Meadows
Il Nuovo Mondo fu scoperto così, ma per molti secoli di quegli insediamenti che non furono duraturi, restava solo la menzione nelle saghe sopracitate (scritte secoli dopo gli avvenimenti) e nelle opere storiche di Adamo da Brema, che nell’XI secolo citò la Vinlandia. Nel 1960 però, due archeologi norvegesi di nome Helge Ingstad e Anne Stine Ingstad, marito e moglie, fecero una scoperta che ebbe dell’incredibile e portò a riscrivere la storia: a L’Anse Aux Meadows, sull’isola di Terranova, scoprirono i resti di un villaggio norreno. Per molti si tratta proprio dell’insediamento di Leifur e la prova dell’esistenza della, fino a quel momento leggendaria, Vinlandia. Furono rinvenuti resti di abitazioni, oggetti e utensili in quello che doveva essere un complesso di almeno otto edifici, tra cui una fucina e una segheria, che doveva rifornire un cantiere navale (la Groenlandia era povera di alberi e ciò che interessava ai norreni del territorio appena scoperto era la possibilità di raccogliere legname). La costruzione più grande misurava 28,8 metri per 15,6 e consisteva in numerose stanze. Oggi il sito è Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Benché l’effettiva prova che quell’insediamento fosse proprio quello di Leifur e che Terranova fosse la Vinlandia delle saghe sia ancora dibattuta, i ritrovamenti sono la prova che i norreni furono i primi a giungere nel Nuovo Mondo.
Leifur l’Islandese o il norvegese?
Fin dal giorno della sua installazione, nel 1932, si sollevò un polverone storico e identitario tra Islanda e Norvegia: i norvegesi provarono con ogni mezzo ad affermare che Leifur più che islandese, fosse norvegese de facto, essendo un norreno di famiglia norvegese (secondogenito di Eirík il Rosso, l’esploratore norreno più conosciuto di sempre). Gli islandesi presero il riconoscimento degli USA come l’ufficializzazione storica e istituzionale dell’islandesità di Leifur, nato in Islanda nel 970-980, probabilmente, a Eiríksstaðir, vicino Búðardalur secondo le saghe. La posizione dei norvegesi, ancora dibattuta in ambito storico ma soprattutto politico (gli eroi e le radici culturali spesso sono le migliori armi dei nazionalismi), è che più che di un islandese si tratti di un norvegese (un “islandese di seconda generazione“, ma di famiglia norvegese, diremmo oggi, e quindi norvegese). L’argomento suscita ancora tensioni fra i due Paesi, specialmente agli islandesi urta il fatto che spesso gli USA abbiano utilizzato la figura di Leifur per commemorare le ottime relazioni diplomatiche con la Norvegia (l’ultimo dei quali fu il presidente Barak Obama che nel 2015 lo definì “figlio dell’Islanda, nipote della Norvegia”, una definizione politically correct che gli islandesi, specialmente i più nazionalisti, non hanno per niente apprezzato).
Appassionante la storia di questa statua, non è vero? Quando vi troverete al cospetto della riproduzione in bronzo di Leifur, di fronte alla chiesa più famosa della città e d’Islanda, prima di intraprendere il vostro giro per le vie del centro fermatevi a pensare alla meraviglia delle gesta eroiche di questo esploratore islandese, il cui coraggio, la fame di conquista e la tenacia, riguardano non solo la storia d’Islanda ma di tutta l’umanità. Questa storia avrei voluto raccontare ai due italiani che superficialmente lo bollarono come “un vichingo”, uno dei tanti. Lo faccio ora, qui, raccontando a tutti voi questa incredibile storia che più che con un vichingo ha a che fare con l’essere umano che scoprì l’America!
Bellissima storia, si potrebbe dire “date a Cesare quello che è di Cesare”.
Se posso, io e mia moglie nel 2022 vorremmo visitare L’Islanda, naturalmente in moto, ci manca solo lei del grande nord, per favore puoi farmi sapere come ricevere una delle tue guide, avere informazioni non è mai abbastanza.
Saluto
Ciao Lorenzo! Visitare in moto l’Islanda è una scelta fantastica. Rimarrai estasiato e sarà un viaggio che ti cambierà la vita. Potrai scegliere di noleggiare la moto su oppure partire con il tuo mezzo, come ho fatto io in camper nel 2011, dall’Italia per imbarcarsi in Danimarca e raggiungere l’Islanda in traghetto. Questa opzione ti permetterà anche di fermarti qualche giorno alle Isole Faroe, altra meraviglia del Grande Nord. La mia guida contiene anche una mini-guida delle Faroe, pensata proprio per chi non viaggia in aereo ma in traghetto e vuole compiere due viaggi in uno. La trovi in libreria oppure la puoi ordinare su Amazon, qui: https://www.amazon.it/dp/8862984987/ref=cm_sw_em_r_mt_dp_iV21Fb60PEWDB