Lo chiamano anche il Noma di Reykjavik, per lo stile di cucina affine al cugino grande danese ma non solo: per il prestigio che ha ottenuto, per un attenzione maniacale degli chef nell’approvvigionamento e nella selezione delle materie prime e per il coraggio di osare, reinterpretando in maniera vincente la new-nordic cuisine. La differenza col Noma? Il prezzo… Il Dill, unico ristorante della storia d’Islanda a ricevere il prestigioso riconoscimento della Stella Michelin, è il paradiso del buongusto. L’ho provato e ve lo confermo.
Ci sono ristoranti in cui si mangia bene e lo si sa in partenza, altri in cui si mangia bene andando oltre ogni aspettativa e poi ci sono ristoranti che non sono semplicemente ristoranti, ma avamposti culturali: luoghi in cui è possibile assaporare la cultura di un luogo, fare esperienza coi propri sensi del territorio e nutrire l’anima delle migliori energie. Posti in cui, alla fine del pasto, ci si sente onorati di essersi seduti al tavolo. Ecco, il Dill è uno di questi.
Dall’apertura alla Stella Michelin
Il Dill (aneto, in inglese) è la creatura di Gunnar Karl Gíslason, chef eclettico e visionario islandese che nel 2009, un anno dopo la crisi che tagliò le gambe all’Islanda, decise di rivoluzionare il modo di intendere la cucina islandese (e nordica). La sua idea era quella di aprire un ristorante che non si limitasse a trasformare le materie prime in gustosi piatti – fossero anche a km 0 e fossero anche lavorate e presentate come opere d’arti, come effettivamente è – ma che si occupasse il più possibile dell’intera filiera dei prodotti: le alghe? Non si acquistano, si vanno a raccogliere in mare, ogni mattina; i mirtilli selvatici? Si raccolgono e poi si lavorano in modo unico, magari facendoli fermentare con l’angelica, o con il timo artico; i filetti di salmerino artico e la carne di pulcinella? Si affumicano attraverso l’antica pratica dei contadini islandesi di utilizzare lo sterco di pecora al posto del legname. In questo modo l’esperienza per il cliente è profondamente territoriale, unica e irripetibile.
La prima volta che ci andai era il 2016 e il Dill occupava un’altra location, in Hverfisgata, a due passi dal Teatro Nazionale. Tuttavia quella fu la seconda, dopo essere nati come ristorante della Casa Nordica di Alvar Aalto, una gemma nascosta di cui vi ho parlato qualche settimana fa, mentre oggi si è spostato in Laugavegur 59. Era l’anno in cui Gunnar Karl Gíslason lasciò il timone a Ragnar Eiríksson, un giovane chef di estremo successo e talento che, nel giro di poco, portò il Dill alla Stella Michelin, unico ristorante islandese nella storia a ricevere il prestigioso riconoscimento. Gunnar nel frattempo, negli states, portava il suo nuovo Agern anch’esso alla Stella Michelin.
Rimasi subito colpito dalla straripante competenza, dalla bellezza della location (una ventina di coperti con cucina a vista, in un ambiente caratterizzato da un design sopraffino), dall’amore per la propria terra e i suoi frutti. I piatti erano opere d’arte: dietro vi era un’idea, uno stile preciso, tanto lavoro e tanta tecnica. Nel retro, un laboratorio in cui gli chef sperimentavano nuove fermentazioni, partendo dalle antiche tecniche e tradizioni degli antenati islandesi, perché la cultura è radici e coraggio di mutare, allo stesso tempo. “Sapresti dirmi che cos’è questo?”, mi chiese Ragnar mostrandomi una pallina nera leggermente ovale dalla consistenza gommosa; me la fece annusare, profumava di frutti di bosco e vinaccia: “è aglio fermentato ai lamponi. Un esperimento che stiamo facendo. Ci servirà da grattugiare sui filetti di pesce lupo (steinbítur, in islandese)”.
Il menù
Mi innamorai dell’identità del Dill. Ragnar mi portò a visitare il laboratorio, mi spiegò ogni piatto in dettaglio e ci volle poco, ovvero il primo assaggio, per accorgermi di essere in un luogo speciale. Assaggiai cozze e ricci di mare islandesi con crescione d’acqua; cavolo estivo con crema di burro e salmerino affumicato allo sterco di pecora; pesce lupo aromatizzato all’aglio nero fermentato al lampone. Ovviamente, inutile specificarlo, tutti gli ingredienti provengono dalle coltivazioni di cui si occupano personalmente gli chef oppure, come nel caso del pescato e della carne, di prodotti di pescatori, e di contadini delle vicine fattorie islandesi. Nulla, nemmeno una foglia di prezzemolo, è di importazione. Il menù degustazione (7 portate) prevede l’opzione con vini abbinati oppure senza, ed è sempre diverso. A proposito di menù, il motto di Gunnar Karl Gíslasson, che nel frattempo è tornato, è: “il nostro menù è prevedibile come il meteo islandese”. Aspettatevi di tutto, ma soprattutto di fare un autentico viaggio, un’esperienza indimenticabile, unica e irripetibile. Il costo del menù? Isk13.900 (al cambio attuale poco più di €80). Il Noma costa 5 volte di più (parte da €400).
Nel cuore di Laugavegur un angolo di autentica, meravigliosa e innovativa Islanda. Una vera gemma da Insider!
Una curiosità che mi lega al Dill: nel 2016, dopo averlo provato, scrissi nella guida – che nel frattempo era praticamente prossima alla stampa e alla distribuzione – che “meriterebbe assolutamente la Stella Michelin”. Qualche giorno prima della stampa e della distribuzione in tutte le librerie d’Italia Ragnar mi chiamò dicendomi che aveva vinto la Stella Michelin! Fermammo la stampa della guida e corressi il paragrafo: “Nel 2017 ha vinto la Stella Michelin”.
Grandi soddisfazioni.
Occupandomi di abbinamento cibi bevande da vent’anni in termini di modelli di abbinamento ci sarebbero un oceano di cose da dire. Io ho deciso che questi ristoranti valgano come vale vedere un museo o un’opera a teatro o assistere ad uno spettacolo naturale. Perché non è mangiare ma è un’altra cosa. Ed allora possono nn avere prezzo. D’altronde mangiare è esperienza ed è situational
E’ esattamente così, Gianluca. Anche a teatro, in un museo, ad un concerto, vai innanzitutto per nutrire l’anima prima che gli occhi e le orecchie. Ci sono ristoranti, pochi – è ovvio – che permettono di fare esperienza di un territorio, di una storia e delle tradizioni una terra. Il Dill è sicuramente uno di questi. E tutto ciò è senza prezzo.